sabato 2 giugno 2007

L'INCUBO DI MARCUZZO GAMBUTO

Per tutta la notti era stato un vutarisi e arrivutarisi nel letto. Marcuzzo Gambuto avìa avuto una jornata indimenticabile. Sinnaco di Montelusa a soli trentaquattro anni. E per junta smarcato mani e pedi dalle catini dell'Alloggio delle Libertà che, anche se con autri nomi, tiniva da sempre in scacco una città intera. Pinzino di Totoneddro Buffaro, governatori dell'Isola e suo eghis capo di partito, avìa arrinisciuto a liberarisi in un vidiri e sbidiri, quanno due misi prima dell'elezioni Marcuzzo avìa mannato tutti a fanculo capenno che a sinnaco l'Alloggio delle Libertà non avrebbe portato lui ma un omo di Paulo Roberto Di Lauro.



Ai picciotti montelusani che da sempre recitano comu a triatro la parti di quelli dei partiti del centromancino manco ci era parso vera un'opportunità del genere. Gangilo Mapodimasa, mediocre attore triatrali di centromancino, arrinisciuto per cusà quale disegno divino ad addivintari prima presidenti della Regione e di pò nentidimeno che viceministro nel Governo attuali, era stato il più lesto di tutti a dirisi pronto a sostenere Marcuzzo. Il resto è storia recente e lo sappiamo. Putennu scegliere tra il dilaurismo accanusciuto e il nuovo da provare, il popolo montelusano una vota tanto non avìa avuto dubbi jocannosi il carrico da undici.



“Il bello veni ora” si era ditto Marcuzzo curcandosi nel letto la prima sira con la fascia tricolori, supra u pigiama, che gli aveva cunsignato bella stirata e ammirata il suo predecessore Aldo Cortile. Come fu come non fu, Marcuzzo arriniscì finalmente a pigliare sonno. E cominzò a sunnarisi che trasiva nelle case dei montelusani accolto da applausi mentre dai cannola tinuti appositamente aperti per l'occasione sgorgavano scocche d'acqua freschissima: era arrinisciuto, insieme al suo assessori Lillo Tinchitè, a purtari nientidimenochè l'ACQUA CORRENTE. Sta pompa di minchia!



Si sonnò strate asfaltate a regola d'arte che parivano tavoli di biliardo. E si sonnò il taglio del nastro del Parco dell'Addolorata chino chino di picciliddri che jocavano ovunque mentre nell'emiciclo i genitori assistevano alla prima opera pirandelliana prodotta da teatro comunale. E si sonnò di avere deliberato la riduzione dei costi della munnizza, di aver recuperato il centro storico. E si sonnò che intra all'Aula dei Giganti a parlari c'era Peppe “u gattu” Arbone. E il felino consigliere diciva ai consiglieri e ai montelusani presenti (e a quelli sparsi nel monno ma collegati in diretta via satellite) che mai nessun sinnaco avìa fatto per Montelusa quello che era arrinisciuto a fare Marcuzzo Gambuto. E mentre il popolo facìa la ola tuttunzemmula gli apparve in sonno Sancalò. No, anzi, non un Sancalò, ma addirittura due.



Marcuzzo s'arrisbigliò di botto. Era come storduto. Come potevano essere due Sancalò? Principiò a caminari tunnu tunnu nella cammara da letto. Poi si firmò e si misi l'occhiali. No, non ci vidiva duppio. E allora picchì due Sancalò? Mentri pinzava un brivido friddo percorse la sua schina di giovane sinnaco. Pigliò di cursa il cellulare, circò un nummaro nella rubrica e scacciò il tasto verde. “Raggiunè, scusasse per l'orario ma devo addomannarle una cosa importantissima" disse quasi trimannnu. Cuminzò a chicchiare tanto era il timori sia di fare la dumanna che soprattutto di arriciviri la terribbili risposta. Alla fine s'addicidì: "Mi dicissi na cosa... ma il debito del Municipio è di 42 o di 84 miliona di euro?”.



“Meno male, solo un incubo fu” dissi tra sè e sè Marcuzzo abbannunandosi tutto sudato nel letto. Si livò l'occhiala, scacciò il tasto rosso del tilefono pusanno le cose nel comodino e si assistimò curcateddro di fianco. Poco dopo arriniscì a pigliari sonno, ma s'addummiscì chiangenno.


Filippo Genuardi
filippogenuardi@gmail.com

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