sabato 7 luglio 2007

Antefatto Uno


Antefatto Due

Corre voci, pobabilmente pirchè certe malilingue parlano assà e spessamente a gargia di minchia, che la nave da crociera “Sandovino”, temporaneamente impristata al collegamento marittimo tra Vigàta e Lampidusa, qualmente si spascia lassanno passiggeri, mezzi e merci in un mare di merda. A proposito abbiamo voluto sentiri la Sirenar, la società che negli ultimi vent'anni è nel mirino di tutti i lamintiosi. Alle nostre domanne ha arrisponnuto la Sirenar al massimo livello nella pirsona dell'amministratori diligato che ci ha conceduto l'intervista a patto che non muntuiamo il suo nomi. E' una cosa che normalmenti non faciamo, ma siccome professionalmente e deontologicamente 'nna sintemu sucari, interessati più alla sostanza che alla forma delle cose, abbiamo accittato la singolari condizioni e vi proponiamo l'intervista para para nell'intresse dei cittadini.


Comannante, ma è vero che sta “Sandovino” si spascia ogni du' e tri?


“Innanzitutto – dici con voci ferma l'amministratori diligato - devo fare una precisazioni perchè ho sintuto dagli organi di stampa che la nostra navi trachetto “Sandovino” una para di notti orsono avrebbi avuto un guasto al motori. Smentisco nella maniera più assolutamente assoluta che ci sia stato un poblema al motori della suddetta prestigiosa imbarcazioni”.


Scusasse l'insistenza se ci paro 'nsistuso: ma allura il poblema qual è?


“Evidentementi c'è un poblema di comunicazioni che provvederemo al più presto ad arrisolbere con una mirata campagna pubblicitaria e di stampa attraverso l'organi d'informazione montelusani. La virità è un'autra. Purtroppamente i signori passeggeri che l'autra notte hanno pigliato la navi traghetto da Vigàta non si sono arresi conto al momento dell'acquisto de' biglietta di avere acquistato i tagliandi di classe “Tour” invece dei tagliandi “Adventures” per arrivare a Linusa e Lampidusa. Infattamente, il comandante della “Sandovino”, correttamente, avenno valutato che nessun passiggero a bordo era in possesso di biglietta per prosequire pinzino alle Pelaggi, ha dato correttamente ordine di vutare tunno una volta avvistate le acque di Linusa”.


Correttamente dice vossia?


“Esattamente. Taliasse, ci lo spieco meglio. Non tutti lo sanno, ma i biglietta di classe “Tour”, ca costano meno, acconsentono alla corsa semplice che da Vigàta torna a Vigàta tempo sei ore. Come vede nessun errori- Parti a mezzannotti e fa ritorno in porto alle sei del matino. I passiggeri così si ponno godiri o la notti in cabina (se sceglino l'oppizioni “Cabin Tour” o in poltrona se trovano posto avenno pigliato l'ancora più economico biglietto di classe “Bridge Tour”. E' sempricissimo...”.


Quindi lo sbaglio dei signori che si lamintiano pirchè non sono arrivati a Lampidusa è stato proprio quello di aver accattato biglietti “Tour”?


“Esattissimamente. Se questi signora avissiro scigliuto la classe “Adventures”, como dici la palora stissa, forsemente avrebbero arrivati a distinazioni. La classe “Adventures” infatti prevede che una volta avvistate le acque antistanti Linusa e Lampidusa il comandante acconsente ai passiggeri muniti dei biglietta specifici di acchianare su gommoni mezzi sgunchi o su specie di varche di lignu che venno calati in mare. Naturalmenti, tutto previa firma di liberatoria. Caro signore, la sicurezza prima di tutto! Dicevo... Ah, sì. I natanti venno scelti appositamente un poco sgangherati per dare tanticchia di senso del piricolo, per dare alla cosa una specia di sapori di avventura estrema, a tipo Camel Trofi”.


Ma questo è compreso nel prezzo del biglietto?


“Non si paga un solo euro ecchistra. Dicevo, prima della calata in mare il comandante duna una bottiglia d'acqua mezza vacante a ogni passiggeri dando pinzino (e di regola manco gli attoccherebbe) consigli su come comportarsi in mare, specialmente alle signore prene o che accompagnano picciliddri”.


E a questo punto che succede?


“Succede ca prima della partenza alla vota di Vigàta il comandante pirsonalmente di pirsona lancia l'allarme alla Guardia Costera dell'avvistamento in mare di varche chine di cristiani. Spessamente – e questo purtroppamente nuoce assà all'immagine turistica delle Pelaggi – i varconi della categoria “Adventures” vengono confunnuti dalla stampa e dalla pinioni pubbrica come i varconi dei “Viaggi delle Spiranza” provenienti dalla Libica. In qualità di amministratori diligato della Sirenar ci tengo a dire pubbricamente che i “Viaggi della Spiranza” sono una compagnia nordafricana che con la nostra non ci trasi una beata minchia essendo interamenti taliana”.


Ammetterà però che la spiranza di arrivare ci l'hanno anche i vostri passiggeri...


“Qualalmente però, devo essiri sincero fino in funno, una similitudine ca trae in inganno c'è. E il qui quo qua nasci proprio di llì. Sia i viaggi dei passiggeri della “Sandovino” sia quelli dei nordafricani “Viaggi della Spiranza” si conchiudono con l'arrimorchiamento delle varche a poche miglia da Lampidusa da parte delle vidette della Guardia Costera. Vale la pena specificare però che una vota junti a distinazione i passiggeri della “Sandovino” sono libberi di andarsene dove minchia vonno, ossia nei loro arberghi di lusso o nei pratici e caratteristichi dammusi in affitto, mentre i nordafricani, in genere tanticchia scarsi di grana, vengono ospitati nel novissimo arbergo a due stelli denominato “Centro di Accoglienza” della maggiori delle Isoli Pelaggi”.


A parte l'arbergo, ammetterà che spissamente è difficile capire chi c'è nei varconi...


“I nostri si arricanosciono facilmente in virità. Tutti i passiggeri hanno una buttiglia quasica vacante in mano. Concludo comunchi arricordanno che presto la Sirenar sostituirà la “Sandovino” con la gemella “Pallabio” al fine di migliorare i servizzi di collegamento nel rispetto della gente delle Pelaggi e dei turista in genere”.

Filippo Genuardi
filippogenuardi@gmail.com


venerdì 6 luglio 2007

C...ANALE DI SICILIA

“Sti grannissimi fitusi e facci di minchia!”. Pinuzzo Butera era corcato con sua mogliere Salvina allato e non arrinisciva a pigliari sonno. Parlava mentre con le vrazza 'nnarrè al coddro e l'occhi sbarracati nel buio nìvuro della stanza taliava il soffitto e non si dava paci. Si era jocato più di una misata del suo stipendio di carpinteri per irisinni con moglie e picciliddri a Lampidusa a passarisi tri jorna nel cori del Mediterraneo.


Per misi e misi si era sonnato ogni notti quelle matine in cui si sarebbe susuto, pigliato un cafè, e di po', senza lavatu e col solo costumi di 'ncoddro andari a sciacquarisi minchia e baddre, propiamente a mo' di bidet, nelle frische e trasparenti acque di Isola dei Conigli. Si era sonnato matinate e meriggi passati a piscari scogli scogli tannuti e purpiceddri da arrustiri nella brace dello iardineddro situato darrè all'appartamentino affittato con i risparmi di un anno che era arrinisciuto a mettere da parte insieme a quella santa fimmina di sua mogliera. E macari pi iddra avrebbi avuto piaciri di piscari. A iddru la cuntintizza di pigliarne in quantità, e soddisfazione pi iddra, ca u pisci ci piaciva. Assà. Arrustuti, cu u sarmoriglio, cotti al sale in forno, a suvareddru, in zuppa. Salvina vidiva pisci e annurbava, mischina. E lo sapiva cucinare benissimo e com'egghiè. Puru iddra si era assonnata tri jorna di paradiso e pisci a sbafo. Mischineddra.


E 'mmeci a Lampidusa non ci avivano manco miso pedi. A “Sandovino” avia fatto retromarcia di notti e notti. Accussì, senza motivo... avarìa. “Avarìa sta minchia – sclamò Pinuzzo rumpenno il silenzio– intanto sà quannu minchia parti arrè sta navi... Si l'aggiustanu... Ma in ogni caso i nostri tri jorna di villeggiatura a Lampidusa s'abbrusciaru accussì. A beddra casa affittata...”.


“Pinù – dissi a mezza vuci Salvina di sutta u linzolu – penza ca puru u prefettu e la sò signora l'hanno pigliata alla socialista precisamente come a n'autri”.


“Salvinè - arrispunnì Pinuzzo, modulanno la voci rabbiosa pi unn'arrisbigliari i 'nnuccenti ca durmivanu beati – chi mi nni futti di comu a pigliano 'nculu l'autri? Ma ti apprometto una cosa, Salvinè. O gellannu ce ne andiamo a Palermo e a Lampidusa c'arrivamu cu l'aerio. Piglialla 'nculo una vota si po'!”.


“Pinù, come vuoi tu, gioia”, sussurrò duci duci Salvina. “Ma abbasta che non sbagli ad accattare i biglietti e pigli Alitavia. Piglialla indove dici tu du voti no. Sannò, sa chi ti dicu? Cu i stessi sordi ce ne andiamo se' jorna in Croazia?”, disse abbrazzannolo e chiuennu l'occhi.


“Salvinè – dissi cangianno compretamente tono Pinuzzo e stringennu a sò muglieri – vacanze a parte, stavo pinzanno: ma quant'avi che non lo facemu alla socialista?”.



Filippo Genuardi

LE PALORE DEL CAPITANO

“Vitto', i facisti i biglietta?”.


“Amo', certo che li ho fatta”.


“Ti sei arricordato di fari i biglietta per arrivare gritto a Lampidusa e non alle firmate precedenti?”.


“Amo', certo che me l'ho arricordato”.


Il prefetto di Montelusa, Sua Ccilenza Vittorio Paladino, quelle precise 'ntifiche dumanne se l'era sintute fari in continuazioni da una simanata bona. La signora prefetta non era di solito – con rispetto parlanno - una scassaminchia. Ma lo scanto sò era di fari una malafiura davanti a tutti pi sta storia de' biglietta una vota miso pedi nella navi che ogni notti dal porto di Vigàta tenta di arrivari prima a Linusa e poi a Lampidusa. La signora prefetta ci tiniva assà a questa vacanza. Avivano abbisogno tutti du' di non sentiri parlare di infiltraziona mafiose, crisi idrica, treni sopprimuti, spazzini in sciopiro... Una simana a Lampidusa era quello che ci voliva per staccare e rigenerarsi tecchia. Per questo la signora prefetta era in fibrillazioni e non vidiva l'ora di arrivari in quel paradiso lampidusano. Bagni da matina a sira e orate, ricciole e cernie a tinchitè, pranzo e cena! Per una simanata sana. Cu l'avia a spardari a tutti du'?


Si aviano imbarcati da manco un'urata quanno, doppo avere viduto da poppa allontanarisi la terra montelusana, si erano addummisciuti tenneramente abbrazzati nel commodo letto di quello che per una notti sarebbe stato l'alloggio prefettizio marittimo. Sua Ccillenza s'addummiscì proprio pinzanno una cosa ca ci piaciva assà pinzare e cioè che quannu stava una notti in un posto quel posto addivintava in quel momento l'alloggio prefettizio. A tipo presidenti dei Stati Uniti, ca quannu acchiana in un arioplano, qualunchi sia l'aerio, puru si fussi un minchia di deltaplano, di subbito il velivolo addiventa l'Air Fors Uan. Una vota, appena nominato prefetto, con sua mogliera era stato a dormiri in spiaggia, e l'alloggio prefettizio era stato rina e stiddri. Ma una vota avia puro arristato 'nchiuso tutta la notti nel cesso della stazione di... Ma chista è un'autra storia.


Inzomma, alle sei in punto Sua Ccillenza, arrisbigliato dalla sbeglia prefettizia, detti prefettiziamente il buon giorno alla sua signora prefetta. Romanticamente non si volivano perdiri lo spettacolo dell'alba. Si lavaru, s'arrivisteru e nisceru fora dal ponti. Uno spettacolo la costa vista da luntano. I luci sparluccicanti e il riverbero nell'acqua del mari. All'alba poi... Chi spettacolo! Intanto la nave s'avvicinava sempre chiossà alla costa. Minchia! Ed erano pinzino in largo anticipo con l'orario d'arrivo della navi. La corrente marina del canale di Sicilia la notte forse era stata favorevoli assà...


“Vitto' – dissi la signora prefetta – talè che strano. Di sta distanza Lampidusa pari precisa precisa a Vigàta. Guarda. Parinu a sinistra il porto e, supra, i luci del chiano Lanterna e sulla destra in alto i luci di Montelusa e Santolì più in vascio. E' incredibbili la natura certi voti”.


“Veru è, Amo' – sclamò il prefetto – parinu precisi 'ntifici. Certo che hai una mimoria gioia mia... E una fantasia, sangu meu...”.


Propiamente in quel momento il capitano comannante della “Sandovino” s'apprisentò davanti al prefetto. Con aria marziali sbattì i tacchi salutannolo militarmente e con tono grave ci dissi: “Vostra Ccillenza, non ho potuto fari a meno di sentiri la discursione con Vostra mogli. Sogno mortificato assà di dovirla informare che avi raggiuni la Sua signora. Quella che vedete è la costa montelusana. Purtroppamente...”.


Il comannante non potti finire la frasi che il prefetto era già a ginucchiuni a sbintualiare il fazzoletto prefettizio sotto le nasche della signora prefetta, subitaneamente sbinuta 'nterra nel sentiri le palore del capitano.

Filippo Genuardi

mercoledì 13 giugno 2007

COMUNE: ARRISANAMENTO E GASTROENTEROLOGIA

Il nuovo sinnaco Marcuzzo Gambuto si trova a spàrtiri allegramente con il resto della Giunta un'eredità che non comprende nemmeno l'occhi pi chianciri. Di consequenzia ogni assessori, oculisticamente parlanno, si deve quindi portare l'occhi sò pirsonali per putiri chianciri compostamente tutti 'nsemmula nelle riunioni di Giunta.


Del generoso (di debbiti) lascito fa parti puro un pirtuso nella sacchetta del Comune la cui dimensioni pari non essire misurabbili seconno l'augusta opinioni del noto scinziato trapanisi Antonino Trichichi. In coda alla riunioni di Giunta che ha deliberato sulla faccenna oculistica, è stato altresì addeciso di intraprendere azioni per provare a firmare la disastrosa tendenza ad allargarsi del "Pirtuso" (con la "P" maiuscola) nella sacchetta suddetta. E le 'ntinzioni parino bellicose assà pirchì Sinnaco e Giunta vorrebbero addirittura coniugare il risanamento con l'intrapresa di qualichi cosa di utile per la città e i cittadini...


Ma chi successi? Chi fu? Sarebbe interessanti sottoporre ai lettori un quiz a risposta multipla tipo:

1) Sinnaco e Assessura hanno vivuto qualichi bicchieri di troppo;

2) i sullodati hanno fatto un voto a San Calò;

3) sempre i sullodati hanno fatto una colletta per jocare al supenalotto e sperano di vìnciri.


Quali che sia la risposta speriamo che avissiro raggione iddri (e, con rispetto parlanno e scuse anticipate per le assessoresse, pidicuddro e ficato, leggasi capacità di amministrare) e torto i pessimisti... E a proposito di ficato, qualiche poblema c'è, ma, come diremo in sequito, si sta cercanno un rimedio per arrisolvere la quistione.


Tra le azioni di arrisanamento merita speciali menzioni, per il valori simbolico, la decisioni del sinnaco di arrinunziare all'autoblù, destinando il ricavato ad altre iniziative più meritorie. L'azioni ha favorevolmente 'mprissionato la popolazione e tante littre sono arrivate in redazione con toni tra l'incredulo ("Ma che si ha si fumato il sinnaco?"), il compiaciuto ("E prosituna!") e, addirittura, il disìo di emulazione. Il Signor Gaetano Casula, per esempio, esprimenno apprezzamento per il bel gesto del sinnaco, ha comunicato al nostro giornali "...di essiri momentaneamenti impossibilitato ad arrinunziare all'autoblù pirché per daccamora la mia Ford Escort del sittantotto (che purtroppamente è blu) mi serbi per carriare i biduna di l'acqua...". Il Signor Casula comunque riferisce di aver trovato consolazioni per il fatto che, la sua eventuale rinunzia all'autoblù, col bilancio comunali non ci trasi effettivamente una emerita minchia.


E veniamo alla quistione del ficato. E' inoltre ormai di dominio pubbrico la notizia che, visti i prevedibbili dolora di panza e ficati a matapolla (già in parte manifestatisi) a cui i vari assessori andranno incontro nello sborgimento del proprio 'ncarrico, l'Assessori Calò Minnadifori, 'ntiso Caliddo, speziali "di prima" 'mpristato alla politica (come quasi tutta la Giunta), essenno di natura generoso assà, ha addeciso di offrìri gratuitamente al Sinnaco nonché a tutti i colleghi assessora una fornitura illimitata di rimedi per il ficato e per la panza, tipo Malochis, cravunatu, magnesia, foglie d'addragaru con la scorza di limoni, nonché Amaru Medicinali Giuliani "a timpesta". Inzomma, per l'arrisanamento del Comune ci volesse macari un gastroenterologo.

Bibì Metallurgico
bibimetallurgico@gmail.com

L?IMPORTANZA DELLA POLITICA E LA 'NDINNITA'

Angilino Albano avìa un brutto prisintimento. E quel prisintimento si era avverato preciso 'ntifico come se lo ero assunato. Era inutile: si arrigirava sul suo letto con il baldacchino e non ci poteva pigliare sonno. Comunque fossero andate le elezioni a sinnaco di Montelusa lui se la sarebbe pigliata nel posto dove manco il pur forte sole di Vigata può battere.


Gli venne in mente quel giorno quando nel suo officio ci fu la riunione con i collaboratori.

"Vedi caro Daviduzzo - declamò Angilino senza permettere che nessuno lo interrompesse durante il suo discorso di gavutissima politica - qua le cose sono due: se vince Cavalleri io perdo pirché Di Lauro torna a fare il sinnaco e quello senza vidiri né sbidiri mi fotte; se Cavalleri perde io perdo pure pirché poi a Roma quegli scassaminchia dei miei avversari interni al partito di Vigata vanno dal presidente, Dio l'abbia in gloria, e gli cuntano che abbiamo sbagliato candidato".


Alla fine, come si sapi, a sinnaco acchianò Marcuzzu Gambuto che non solo avìa sminchiato a bbia di voti a Cavalleri ma pure ci faceva la sarsiata dei "baruna mannati a casa".


"Talé - disse con voce tremula Angilino ad uno dei suoi tanti collaboratori che pendevano dalla so vucca - aspittamo e videmo che succede. Se l'on. Piemontesi s'incazza facemo come si dice da noi: calati junco che passa la china".


Nel mentre Angilino parlava Daviduzzo si intorcioniava tutto come quanno uno si sta piscianno d'incoddro.


"Vero, arragione hai Angilì – disse concitato e allistennosi il collaboratore Daviduzzo - ma ora scusami, ma ti devo lassare che me ne devo andare di cursa".


E indove devi andare accussì di prescia che non mi fai manco finire di sborgere quest'analisi politica? Che ci sono cose più importanti di queste?”.


"No Angelì, pirdonami, è che devo passare alla cassa a pigliari i grana. Per fortuna oi il Consorzio paga le 'ndinnità".


Artemio Carnazza

patrecarnazza@gmail.com

lunedì 11 giugno 2007

IN NOME DE POPOLO GARRUSO

Mi vulissi unghiari a minchia a corpi di martiddrina!”. Il prefetto di Montelusa, Sua Ccillenza Vittorio Paladino, non avìa certo abbisogno della martiddrina pirchè nel mentre santiava i cabasisi ci firriavano talmente tanto che nell'alloggio prefettizio spirava un vinticeddro frisco che avrebbe fatto 'mmidia pinzino a Totoneddro Noncada, montelusano re dell'eolica.


“Vitto' – disse tussenno Sua Ccillenza la signora prefetta – astuta per favore l'aria condizionata che c'è una friscanzana che mi sta facenno agghiacciare tutta”.


“Ma quali aria condizionata, amo', lo sai che appena insediato a Montelusa ho fatto smontare i condizionatori per scangiarli col signor Picorilla che ci ha dato fotocopiatrici per l'officio. Se senti friddo incoponati, insaiati il cappotto che tanto anche se è giugno qua dintra non ti vede nisciuno”.


“Vitto', ma che hai?” addomannò la signora prefetta talianno prioccupata suo marito che era stato insolitamente scortese tanto quanto era avvampato in faccia.


“Nenti amo', è che in questa minchia di provincia montelusana non c'è mai arrizzetto. Finisce una mirgenza e ne accominza un'autra. Cinco minuti 'nnarrè arrivò da Trenitalia la comunicazione che di domani levano la Freccia del Sole, il treno diretto Montelusa-Milano. Già che c'erano vintiquattro ore di viaggio! Ora i cristiani avranno veramente la minchia unghia di sti supirchiarii. E non c'è autostrata, e non c'è arioporto, invece di strate ci sono ancora trazzere! Io non ci sto! Ora scrivo al Direttori generali delle ferrovie e mi farò sentiri. Lo devono accapire che qua la gente non può continuare ad essere accussì bistrattata!”.


“Bravo! Fagliela vedere tu a sti crasti. Io intanto vado a vedere se sono pronti il sangunazzo e la cutine col suco. Visto che sei così arraggiato almeno stasira ti faccio mangiare leggero sennò tu non arrinesci a chiudere occhio stanotte. E per dumani ho ordinato babbaluci e scataddrizzi. Poi addecidiamo se farli col suco e le patate o con l'aglio e l'oglio di casa”, disse la signora prefetta cogliendosi la sua roba e andandosene in cucina per occuparisi della cena.


Intanto, mentri il prefetto parlava talianno con l'occhi sbarracati il foglio 'ntistato Trenitalia nella stanza era trasuto Nonò Lavardera, prefettizio maggiordomo da quattro generazioni. Sì, pirchè suo patre Cosimo e prima di lui suo nonno Onofrio e prima di lui suo catananno Cosimo... Insomma, prima di Nonò due Cosimo e un autro Nonò avevano sempre sirbuto il rappresentante del governo a Montelusa. Sintenno la coniugale discursione prefettizia il maggiordomo non era arrinisciuto a trattenere un sorriso, propiamente come si fa quando si sentono certi discorsi di picciliddri, che arraggionano con la innocenza di anime candide.


“Vostra Ccillenza, addomanno pirdonanza – dissi Nonò cangianno espressione e con tono vascio – ma non è per intromettermi nelle cose di Voscenza Ccillentissima. Ma parò essendo Vossia nuovo di Montelusa, benchè Eccellentissimo Prefetto, la sperenzia di quattro generazioni in questa Prefettura mi fa sentire in obbligo di svelare a Vossignoria Ccillentissima un segreto per non farsi lo stomaco a macco ogni tanticchia”.


“Dica Nonò, dica”, dissi il Prefetto Paladino livandosi l'occhiali e distogliendo lo sguardo dalle carte appoiate sulla scrivania.


“Posso?”, addomanno a quel punto Nonò per cercare ulteriore conferma che l'interesse mostrato dal Prefetto gli permettesse di parlare in libertà. “Come Vostra Ccillenza saprà – principiò il maggiordomo - se la provincia di Montelusa è arrivata dove è arrivata, e cioè con licenza parlando con le pezze al deretano, Vossia capirà che una ragione ci sarà. E la ragione è che quello montelusano è... come dire... Voscenza mi permette di usare le palore giuste senza che Vossia si nichii o si disgusti?”.


Al silenzioso cenno di consenso del Prefetto, Nonò continuo dicenno: “Se qua si è arrivati al punto che sappiamo è pirchè il popolo montelusano è un popolo garruso”.


Mentre il Prefetto taliava Nonò con sguardo interrogativo, il maggiordomo aggiunse: “Passivamente garruso”.


“Che vuol dire Nonò?”, ribattè il Prefetto.


“Vuol dire che – arripigliò subito Nonò – qui il popolo se la fa mettere in culo senza dire ne ai ne bai. Non protesta mai. Qualsiasi superchieria l'accetta senza fiatare”.


“Nonò, non dire bestialità! Poi finisce che queste pirsone me le arritrovo tutte qua sotto in piazza a protestare. Beddra Matre, e poi che direbbero a Roma?”.


“Ma quali proteste, piazze, cortei... Che si ricordi, Ccillenza, una sola vota il popolo scinnì in piazza per protestare contro la mancanza d'acqua. Ma capitò una vintina d'anni fa e fu solo pirchè glielo ordinò l'allora vispico Buonamoglie, non certo pirchè c'interessava il fatto che acqua dai cannola non ne nisciva se non per qualche orata ogni misi. Questo per dire, Ccillenza, che Vossia non deve somatizzare i poblemi di questa gente, non deve farsi il sango acqua per le disgrazie che si abbattono e sempre si abbatteranno su questa popolazioni. Non è il caso. Intendo dire: se se ne fottono i montelusani pirchè se la deve prendere Voscenza?”.


“Mi voglio unghiare a minchia cu a manu manca! Insomma, Nonò, intendi dire che pure io me dovrei stracatafottere se questa gente la piglia in culo volentieri come i garrusi”?


“Esattamente Ccillenza, proprio accussì. E non è solo per i colari. Se poi Vossia vuole essere trasperito subito subito basta ca si metti a fare burdellu. Al Prefetto Miro Dimastro lo hanno mannato dopo manco quasica un'annata. Chiddro era sbirro veramenti. Sbirro integrali. Da testa e pedi. Il Prefetto idiali, eppuro lo traspirero d'urgenzia”.


“E allora Nonò, secondo te che dovrei fare per esempio per questa minchiata del treno Montelusa-Milano?”.


“Ccillenza, facissi come da protocollo. Vossia ci schive una littra a coriu di mulo al Direttori delle Ferrovie e accussì si mette l'animo in pace avendo fatto il suo dovere di prefetto. Ma sappia che littra morta resta. Anzi, vuole vedere se come ci dico io è giusto o sbagliato? Diffonda ai giornala e tilavisioni questa sua littra e vedrà l'effetto. Schiveranno la notizia, ma di po' si accorgerà che la gente se ne fotterà e vedrà che nisciuno scennerà in piazza. E poi mi saprà dire se la mia è verità o minchiata”.


La matina di tre jorna appresso il Prefetto trasì in camera mentre Nonò stava svolgenno le sue mansioni. “Nonò – disse il Prefetto – non contavi minchiate. Vero è. Mi hai graputo la mente. Effettivamente i montelusani sono un popolo garruso. E sai che ti dico? In nome del popolo garruso da oggi mi 'nni futtu altamente e prefettiziamente pure io e dico: visto che gli piace, sa facissiro scattiare in culo!”.

Filippo Genuardi
filippogenuardi@gmail.com



lunedì 4 giugno 2007

Arriciviamo e volentieri pubbrichiamo

Preg.mo Sig. Filippo Genuardi
(Via posta 'lettronica)

Caro Filippo, mi ha fatto molto piaciri sintìriti doppo tanto tempo. La chiacchiariata che abbiamo fatto per commentare l'acchianata di Marcuzzo Gambuto a spese del protetto di Paulo Roberto Di Lauro mi ha fatto arricordare tante cose belle e brutte della nostra amata terra.

Come sai, da quannu era quasi ca picciliddro vivo fora Sicilia ma emigratu era e emigratu sono rimasto anche, ad esempio, nella mia parlata. E quindi, come ad ogni Sicilianu che si arrispetti, le cose di Sicilia mi fanno -alternativamenti - essiri cuntentu oppuru mi fanno incazzare come una vestia, senza mezze misure. Ed una di quelle cose ca mi fannu incazzare come una vestia è il ritardo infrastrutturale che assilla la nostra reggione in modo ancora maggiore di quanto non sia 'nnarrè l'Italia intera.

L'Italia, dal punto di vista infrastrutturale, è la Serie B dell'Europa e la Sicilia è la Serie B dell'Italia. Ma mi addolora assà constatare che il Vicerè che sta a Palermo ma non è di Palermo, alias Totoneddru "Vasa vasa" Buffaro, invece di pensare a promuovere una politica infrastrutturale seria per la Sicilia, ci scassa ancora sommamente i cabasisi (e chiddu ca ogni tantu c'è supra ai cabasisi) con "Il Ponte" per eccellenza.

Mi capità di vidiri lo sketch a Rete Libera dove Totoneddu impersonava un omu di rispettu e il vicerè, pur cugliuniando, non nascondeva affatto che iddro il ponte lo volisse fare veramente. Il dubbio mi assale: ma cugliunìa o dici veru? Ma Totoneddu ha mai provato a raggiungere Punta Raisi con i mezzi pubbrici? Per esempio con il treno, oppure usando le pintaiote del cugino GeiAr fino a Palermo e poi i mezzi della "Restìa e Principè" pi gghiri all'arioporto? Oppuru, lo sa quante ore ci voglio per raggiungere Messina in treno da Montelusa (ammessu ca uno ci arrivi)?

Una vota, in una delle mie scinnute a Montelusa, amante come sono dei treni, addecisi di pigliare la "metropolitana" da Punta Raisi a Palermo Centrale... Nun l'avissi mai fatto: posteggiarono il treno in una stazioncina all'ingresso di Palermo e si scurdaru letteralmente di noi. Ma come minchia è possibile che ci siano siciliani ca chiacchiarìano di "ponti" quando ancora la maggior parte delle linee ferroviarie della Sicilia è a binario unico mentre le strate sono molto meno che regie trazzere? E di ciò è bene al corrente l'altro nostro illustre concittadino Taro La Foresta, (per la pricisione compaesano di Totoneddu Buffaro), ca è Profissuruni in un'importantissima Università del Mediterraneo nonché consigliere d'amministrazioni di GRFI da svariati anni, passato indenne nella sua carica (cioè a galla) attraverso governi di centrolatino e di centromancino. Non è ca tutti hanno le auto blu... Totoneddo stisso, che mi risulta essiri persona intelligente assà, non lo capisce? Oppuru, più probabilmenti, 'nni piglia bellamente per il culo? Per daccamora ti saluto, Filì. Meglio ca lasso perdiri ca a pinzari a queste cose mi sono unghiato poco elegantemente la minchia.

Tuo affizzionatissimo
Bibì Metallurgico